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domenica 5 febbraio 2012

Ci risiamo: Ibra tradisce il Milan

Dopo il ko di Roma, lo 0-0 interno col Napoli: la frenata del Milan, ora, è più di un episodio. E a complicare i piani-scudetto dei rossoneri, subentra il caso-Ibrahimovic: lo svedese, come già nella scorsa stagione, è stato espulso al 18' della ripresa per un colpo proibito rifilato ad Aronica a gioco fermo. Partita non brillante, con le occasioni più nitide sprecate da Robinho e Cavani nel secondo tempo. Nel finale, espulso anche Allegri. LA PARTITA Per chi crede ai corsi e ai ricorsi storici, il Milan rivincerà lo scudetto. Squadra in crisi, ripiegata su se stessa, improvvisamente diventata incapace di giocare e segnare, vedova – tutta d’un colpo – dell’uomo che fin qui l’aveva tenuta perfettamente a galla su tutti i fronti, Zlatan Ibrahimovic, tornato a farsi espellere per un gesto violento e inconsulto. Tutto esattamente come nella parte centrale del girone di ritorno della scorsa stagione, match col Bari fanalino di coda, pareggio interno preso per i capelli da Cassano dopo che l’uomo di Malmoe si era praticamente autoescluso. Da quella domenica-flop, il Diavolo riuscì a costruire la volata-scudetto, lanciata dal derby con l’Inter. Giusto per chi, magari, crede ai segnali. Per ora, invece, ritornano forte i problemi, i difetti del passato che sembravano essere superati. Su tutti, la scomparsa di uno spirito di squadra, di un gioco, di una reale unità d’intenti; poi, l’assoluta renitenza di tanti, troppi giocatori (Ibrahimovic e Seedorf su tutti) a proporsi, a muoversi senza palla. Si dice, ed è successo anche in questa occasione, che i rossoneri giochino troppo sotto ritmo, a tempi da calcio anni ’70: magari succede proprio perché chi recupera palla e detta la nuova azione, alza la testa e vede gente impalata nei pressi di folti gruppi di giocatori avversari. A peggiorare la situazione, la cocciutaggine – nelle rare occasioni in cui l’attenta difesa del Napoli ha concesso qualche spazio – nel cercare il fraseggio “bello”, nell’usare il fioretto e pressoché mai il randello. E dato che la squadra di Mazzarri, molto attenta a non scoprirsi, ha limitato al minimo sindacale le sue letali ripartenze, affidate quasi sempre a un Hamsik molto dinamico, San Siro è stato ulteriormente raffreddato da un primo tempo brutto, piatto, da taccuino giusto sporcato da un destro del citato slovacco da fuori, da un paio di tentativi poco convinti del Milan. Nella ripresa, Ibrahimovic ha deciso d’amblè di rivestire i panni del “deus-ex-machina”, o per dirlo in maniera più casareccia del “faso-tuto-mi”. Il sorprendente blackout dei tre centrali del Napoli, e soprattutto di Cannavaro, aiuta lo svedese a prendere per la collottola la partita: lancia di nuca Robinho verso il gol, ma solo davanti al portiere, Orbinho (perché a questo punto bisogna chiamarlo così), non centra la porta nemmeno a De Sanctis sdraiato e angolo completamente libero. Poi, c’è il tentativo di assolo, con Aronica saltato con sombrero e destro piazzato deviato con la punta delle dita dal numero 1 azzurro. E infine, ecco il deja-vù, lo scollegamento mentale con lo schiaffo ad Aronica, durante una classica mischietta da saloon in mezzo all’area: Ibra si stufa, si innervosisce, tira un cartone e se ne va. E al Milan, a quel punto, non rimane che sgambettare alla ricerca di qualcosa che non c’è più, con la testa già occupata da cattivi pensieri. Va già bene, ad Allegri (poi espulso), che Cavani fallisca la zuccata del colpo grosso, che il tentativo in extremis di Mazzarri – portato negli ultimi 10 minuti – di fare propri i tre punti tramite l’ingresso in campo di Pandev al posto di Aronica non dia frutti. E al Diavolo va soprattutto bene che anche da Torino, da Roma, da Firenze arrivino notizie che non allontanano dal campo visivo il treno dello scudetto. Ma qualcosa, nel gelo di questi giorni, si è davvero congelato, a Milanello. Non restano, al momento, i corsi e i ricorsi storici.